mercoledì 16 settembre 2009

01. Il quadro internazionale

All’indomani della seconda guerra mondiale, la paura dello scoppio di nuove guerre fa nascere l’esigenza di avere un organismo internazionale in grado di garantire la pace nel mondo, ed è con tale intento che viene istituita l’ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite), la quale dispone, oltre che di un apparato amministrativo, anche di un proprio esercito, che è formato da soldati (chiamati “caschi blu” dal colore dell’elmetto) messi a disposizione dagli Stati membri.

01.1. ONU
Col passare del tempo, l’ONU ha creato al suo interno altre organizzazioni con funzioni specifiche, tra le quali vanno ricordate: la FAO (Organizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura), che si occupa dello sviluppo e della produzione alimentare e agricola nel mondo, oltre che di fornire aiuti alimentare ai paesi in difficoltà; l’UNESCO (Organizzazione per l’Educazione, la Scienza e la Cultura), che favorisce la collaborazione fra gli Stati attraverso l’educazione, la cultura e la scienza; l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), che si adopera per migliorare le condizioni di salute degli uomini nel mondo; l’UNICEF (Fondo Internazionale d’Emergenza per l’Infanzia), che aiuta i bambini in pericolo di fame o malattie.
Oggi aderiscono all’ONU quasi tutti gli Stati della terra, i cui rappresentanti costituiscono l’Assemblea generale, che ha potere decisionale nelle questioni ordinarie. Quando, invece, è in pericolo la pace interviene il Consiglio di sicurezza, formato dai rappresentanti di quindici Stati, dei quali cinque sono permanenti (Stati Uniti, Cina, Francia, Gran Bretagna e Russia), mentre gli altri dieci vengono eletti ogni due anni. Le decisioni vengono approvate col voto favorevole di almeno nove membri, a meno che uno dei membri permanenti, che hanno diritto di veto, non esprima un voto contrario.

01.2. La guerra fredda
La fine della guerra inaugura un nuovo periodo (1945-1991), che è caratterizzato dal declino dei governi dittatoriali. A contendersi il campo sono ora i due modelli economici antitetici del capitalismo americano e del comunismo sovietico. Tra le due superpotenze s’instaura un clima di guerra fredda, che è segnato “da una crescente instabilità e imprevedibilità, nella quale l’unica certezza è quella dei rapporti di forza” (DINUCCI 2003: 211). La divisione ostile fra i due mondi genera due istituzioni militari: la NATO (o Patto Atlantico) e il Patto di Varsavia. La prima è istituita nel 1949, allo scopo di scoraggiare ogni eventuale aggressione da parte dell’URSS, e comprende inizialmente Belgio, Francia, Lussemburgo Paesi Bassi, Regno Unito, Canada, Danimarca, Islanda, Italia, Norvegia, Portogallo e, infine, gli Stati Uniti, che, di fatto, svolgono un ruolo preminente. Successivamente entrano a farvi parte la Turchia (1952) e la Repubblica Federale Tedesca (1954). L’URSS risponde con l’istituzione del Patto di Varsavia (1955), che comprende otto paesi: URSS, Albania, Bulgaria, Ungheria, Polonia, RDT, Romania e Cecoslovacchia.

01.3. Il Terzo mondo
Intanto, tra il 1945 e il 1960, molte Colonie ottengono l’indipendenza, ma, se il colonialismo decade, rimane l’imperialismo, che si manifesta sotto altre forme. Le ex-colonie, infatti, devono misurarsi coi problemi dell’ignoranza, della disorganizzazione e della povertà, che rendono loro impossibile una competizione ad armi pari con i paesi più avanzati, tanto che si vedono costrette a chiedere aiuti economici alle grandi potenze, accettando di fatto una nuova forma di dipendenza, il cosiddetto “neocolonialismo”.
Nasce in tal modo il Terzo mondo, detto così per distinguerlo dal Primo mondo, che è quello formato da Europa occidentale, Nordamerica e Giappone, e comprende i paesi capitalisti, ricchi, che orbitano nella sfera d’influenza degli Stati Uniti, e dal Secondo Mondo, che è quello dei paesi dell’Est, ad economia socialista, sottoposti all’influenza dell’Unione Sovietica. Rispetto agli altri, i paesi del Terzo mondo sono arretrati, poveri e deboli, sono retti da governi autoritari e orbitano sotto l’influenza o degli Stati Uniti o dell’Unione Sovietica. Se i primi due Mondi si contendono la leadership del pianeta, il Terzo mondo rimane in condizioni di netta inferiorità.

01.4. La Terza rivoluzione industriale
A partire dagli anni Cinquanta, nei primi Due Mondi si sviluppa la cosiddetta Terza rivoluzione industriale, che è caratterizzata dall’introduzione dei sistemi d’automazione nelle fabbriche, dall’affermazione di aziende che operano a livello multinazionale, da una produzione e un consumo di massa su scala mondiale. L’utilizzo sempre più esteso di macchine e prodotti chimici nelle campagne si accompagna ad una maggiore disponibilità di prodotti alimentari che, insieme alla diffusione degli antibiotici e alle migliorate condizioni igieniche, contribuisce all’incremento della natalità e all’allungamento della durata media della vita. Intanto continua l’esodo dalle campagne, mentre aumenta l’occupazione nelle industrie e nel terziario, che fa registrare una crescente presenza femminile.
Grazie all’emancipazione economica, i singoli lavoratori possono ora abbandonare la famiglia d’origine e istituire una famiglia nucleare. Nello stesso tempo, grazie alla diffusione del riscaldamento domestico, degli elettrodomestici, del telefono, del televisore, dell’automobile e di altro ancora, si va affermando un nuovo stile di vita, che è improntato al consumismo. Se ciò è guardato con comprensibile compiacimento da parte di alcuni studiosi, che vi vedono un evidente segno di benessere e di progresso, che, auspicano, possa estendersi all’umanità intera (ROSTOW 1962; LANDES 1993), suscita perplessità in altri, che temono il depauperamento delle risorse naturali, l’inquinamento e il dissesto ecologico del pianeta, oltre a possibili squilibri economico-sociali (BARAN e SWEEZY 1978; HYMER 1977; PACCINO 1974).

01.5. Le armi di distruzione di massa nel mondo
L’esplosione della prima bomba atomica al plutonio sovietica (23.9.1949) segna la fine del monopolio nucleare americano e rappresenta la prima tappa di un cammino che verrà, ben presto, imitato da altri paesi, e a nulla servirà l’Appello di Stoccolma (19.3.1950) di porre fine a quella folle corsa. Il terzo paese a dotarsi della bomba atomica è la Gran Bretagna (26.10.1952), ma già gli Stati Uniti si portano avanti e fanno esplodere un ordigno, la cui potenza si misura in megaton (1 megaton = mille kiloton), la bomba H (31.10.1952), che però non è tale da conferire agli USA una superiorità determinante e, per di più, rafforza lo spirito d’emulazione da parte degli altri paesi, in particolare dell’URSS, che, dal 12.8.1953, dispone della stessa bomba. “In quel momento gli USA hanno 1005 armi nucleari, mentre l’URSS ne possiede 50” (DINUCCI 2003: 43). Ma adesso è l’URSS che si porta avanti, dotandosi del primo bombardiere intercontinentale (1954) e a nulla vale una dichiarazione pubblica da parte di alcuni scienziati, che richiamano l’attenzione sul pericolo atomico (1955): la corsa agli armamenti prosegue. È ancora l’URSS a realizzare il primo missile intercontinentale (1957), ed è subito imitata dagli USA (1958). Nel 1960 la Francia diventa la quarta potenza nucleare. Intanto gli americani hanno portato il loro arsenale nucleare a 20.434 armi, i sovietici a 1605, gli inglesi a 30. Il 1964 è l’anno della Cina e il 1966 quello di Israele, rispettivamente quinta e sesta potenza nucleare. Nello stesso anno (1966) gli americani dispongono di 31.700 armi nucleari, l’URSS di 7.089, gli inglesi 270, i francesi 36, i cinesi 20.
In un ventennio il duopolio atomico si è trasformato in un oligopolio, che tende ad allargarsi. Intanto gli americani cominciano a dispiegare le loro armi nucleari fuori dal proprio territorio, sia in Europa (paesi della NATO) che in Asia (Corea del Sud, Filippine, Giappone), mentre alcune sono trasportate a bordo di sottomarini e altre unità navali, e sono in grado, in tal modo, di colpire in brevissimo tempo qualsiasi obiettivo. Ma la consapevolezza di poter colpire è una magra consolazione per l’America, se si considera che essa non può evitare di essere colpita a sua volta. Adesso non esistono più potenze superiori in assoluto e prevale la paura.
Allo scopo di uscire da questo pantano USA e URSS avviano studi per realizzare sistemi di difesa antimissile (1967). A quel punto molti si accorgono che quella corsa, oltre che estremamente dispendiosa, è pericolosa e inutile e decidono di porvi uno stop (Trattato di non proliferazione nucleare firmato da 62 paesi, ma non da Cina, Francia, India, Pakistan e Israele, il 1.7.1968). A partire dal 1969 anche USA ed URSS iniziano ad accordarsi sulla limitazione degli armamenti, ma con scarso successo. Nel 1970 gli USA costruiscono i primi missili a ogiva multipla in grado di sfuggire alla difesa antimissile. “Nel 1971 nasce Greenpeace, l’organizzazione internazionale che fa dell’abolizione del nucleare uno dei cardini del suo programma e delle sue continue campagne” (DINUCCI 2003: 88). Nel 1972 vengono ratificati i negoziati USA-URSS, che vietano lo sviluppo dei sistemi missilistici anti-balistici (SALT I).
Nel 1974, mentre anche l’India entra nel novero delle potenze nucleari, USA e URSS realizzano i primi missili nucleari adattabili a rampe mobili e nuovi sottomarini in grado di lanciare missili a medio raggio. Nel 1975 anche il Sudafrica effettua il primo test nucleare anche se, unico paese al mondo, deciderà di smantellare il proprio armamento atomico (1990). Nel 1977 gli Stati Uniti costruiscono la bomba neutronica, che è caratterizzata da una più bassa distruttività e da una più elevata letalità rispetto all’atomica tradizionale. A partire dal 1978 l’URSS sorpassa gli USA in quanto a numero di armi nucleari. Nel 1983 è il Pakistan a fare esplodere la sua prima bomba atomica.
Adesso che il cosiddetto “club atomico” si è allargato, il poter disporre di un armamento nucleare non costituisce più un vantaggio qualitativo e determinante. Che fare allora? Le alternative più logiche sono due: la prima, la più auspicabile, è quella di distruggere gli arsenali nucleari perché il costo non giustifica i vantaggi; la seconda, la più temibile, è quella di potenziarlo al punto da consentire una superiorità assoluta ad un solo paese. Purtroppo, è questa seconda via ad essere prescelta dagli Usa. Nel 1983, infatti, viene ideata dall’amministrazione Reagan la cosiddetta Strategic Defense Initiative (SDI), più nota col nome di “Scudo spaziale”, che prevede la creazione di un complesso sistema di difesa, basato su raggi laser e missili antimissile, contro un eventuale attacco atomico. L’idea di uno scudo spaziale americano che, tra l’altro viola apertamente il trattato SALT 1, è giudicata negativamente dall’Unione Sovietica ed è anche una causa dell’interruzione dei negoziati START per la limitazione delle testate nucleari. Essa, inoltre, riceve molte critiche dagli stessi americani sia per la sua dubbia realizzabilità tecnica, sia per gli altissimi costi. Per tali ragioni il progetto viene, al momento, parzialmente accantonato. Se gli Stati Uniti fossero in grado di sferrare un attacco atomico in qualsiasi regione del pianeta e nel contempo di respingere eventuali attacchi contro di sé, si ripresenterebbe per essi l’opportunità, che già si era concretizzata nel periodo 1945-9, quella di soggiogare il pianeta intero.
Nel 1986 la situazione è la seguente: gli americani possiedono 23.254 armi nucleari, l’URSS 40.273, gli inglesi 300, i francesi 355, i cinesi 425.

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