mercoledì 16 settembre 2009

04. I cinesi

Dopo la disfatta giapponese nella seconda guerra mondiale, il fallito accordo fra nazionalisti e comunisti apre uno stato di guerra civile che, in una prima fase, è favorevole a Chiang Kai-schek, il quale però si abbandona ad una politica personalistica, circondandosi di un sistema amministrativo altamente corrotto, e ciò finisce per favorire l’azione delle forze comuniste che, dopo aver costretto Chiang Kai-schek a ritirarsi nell’isola di Formosa, proclamano la Repubblica Popolare Cinese (1.10.1949) ed eleggono Mao Zedong (1949-76) primo presidente e Chou En-lai primo ministro.
Mao vuole realizzare una forma propria di comunismo, che rappresenti l’esito di un cambiamento rivoluzionario dei rapporti sociali, diversamente da quanto è avvenuto in Russia, dove il comunismo è stato imposto da un particolare ordinamento legislativo, economico e militare. La politica di Mao culmina nell’approvazione della Costituzione (20 settembre 1954), la quale fonda uno Stato democratico guidato dalla classe operaia e dai contadini. Le grandi proprietà terriere vengono confiscate e distribuite in piccoli appezzamenti ai contadini e, successivamente, in cooperative socialiste, costituite in media da 150 famiglie per 140 ettari di terreno. Sotto il governo di Mao la Cina compie importanti progressi economici e si inserisce fra le prime dieci potenze industriali del mondo. Nel 1964 la Cina entra a far parte del ristretto club dei paesi atomici, anche se continua a rimanere in ritardo sotto il profilo dei diritti democratici. Nel dopo-Mao questi progressi vengono confermati e consolidati, favoriti da una certa apertura all’economia di mercato, e fanno della Cina la seconda potenza economica mondiale.

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