mercoledì 16 settembre 2009

05. I giapponesi

Il generale americano Mac Arthur che, alla fine della guerra, occupa il Giappone, è convinto che l’istituzione imperiale vada conservata, allo scopo di evitare il rischio di anarchia e l’avanzata del comunismo. Costringe, però, l’imperatore Hirohito a rinunciare alla sacralità del proprio ruolo (1.1.1946): l’imperatore può conservare il suo titolo, che però non è più ritenuto di origine divina, bensì derivato dalla sovranità popolare, e il suo status viene ridimensionato a mero simbolo di unità nazionale. Dopo questo gesto, viene promulgata la nuova Costituzione (3.11.1946), che instaura una monarchia parlamentare.
Il potere legislativo è attribuito a una Dieta, formata da due camere: la Camera Bassa o dei rappresentanti, costituita da 500 membri eletti a suffragio universale diretto ogni quattro anni e la Camera Alta o dei consiglieri, composta da 252 membri eletti per sei anni e rinnovabili al 50% ogni tre. Il potere esecutivo spetta al governo, presieduto dal primo ministro e responsabile di fronte alla Dieta. Il potere giudiziario è esercitato dalla Corte Suprema e dai Tribunali locali.
Fino al 1949 il Giappone è costretto a subire il regime d’occupazione e la sua potenza economica rischia di essere smantellata, ma, dopo la vittoria in Cina dei comunisti (1949), gli americani cambiano atteggiamento e lasciano il Giappone libero. Benché prostrato dalla sconfitta, il popolo nipponico trova ancora in sé le energie necessarie per una ripresa economica, che, in parte, è sostenuta direttamente dagli americani, i quali temono che un indebolimento del Giappone possa favorire l’espansione del comunismo, e, indirettamente, dagli stessi americani, nel corso della guerra di Corea (1950-53), ma anche dalle caratteristiche proprie dei giapponesi, dal loro indefettibile nazionalismo, dal senso della disciplina e del dovere, dall’accettazione dell’autorità e della gerarchia, dalla disponibilità a mettere in secondo piano i bisogni dell’individuo rispetto a quelli del gruppo e dello Stato.
Favorito anche dalla stabilità politica, dall’elevato livello tecnologico e dai bassi salari, seppure sprovvisto di materie prime, l’ex impero del Sol Levante cresce a tal punto da divenire, nell’arco di un ventennio, la terza potenza industriale del mondo, dopo USA e URSS, con una importante differenza: investe relativamente poco in armamenti. Sotto il governo Sato (1964 - 1972), il Giappone riprende una parte più attiva nella politica internazionale.
La crisi economica mondiale agli inizi degli anni Settanta ha conseguenze sul miracolo economico giapponese e si accompagna ad una serie di scandali che investono i governi nipponici Tanaka e Miki, rivelando una profonda crisi di moralità nei quadri politici del paese. Nel gennaio 1989, dopo una lunga agonia, scompare l'imperatore Hirohito e gli succede il figlio Akihito, che già svolgeva le funzioni di reggente. Nel 1989 esplode lo scandalo Recruit, che coinvolge tutti i componenti del governo, ex ministri, uomini politici e giornalisti.

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